Trecentosessantacinque favole per un anno

Stavolta non recensisco un vero e proprio libro fantasy, ma un libro di favole che mi era particolarmente caro quando ero bambina. ed è 365 favole di animali. In realtà si potrebbe stare a disquisire a lungo sul rapporto tra favole e fantasy, dove finisce un genere e dove comincia l’altro. Senza ombra di dubbio io penso che favole e leggende siano un ottimo nutrimento per i racconti fantasy, come piccole tessere di mosaico luminose che possono essere riadoperate in una cornice differente. Quindi non penso che parlare di un libro di favole in un blog che ha come tema principe recensioni di libri fantasy e di fantascienza non lo trovo poi fuori luogo. I romanzi fantasy hanno forse un tono più “adulto”, ma nessun di noi è nato già grande. 365 Favole è il solito libro di racconti brevi, la cosa carina è che ogni mese dell’anno è dedicato ad un animale diverso, così ci sono le volpi, che erano tra le mie preferite quando ero piccola, i leoni, i lupi e molti altri animali ancora. In realtà se ho deciso di scrivere questa recensione è per un racconto in particolare, che mi ha colpito profondamente e penso abbia contribuito in qualche modo a sviluppare il mio modo di pensare, o quanto meno il mio rapporto con i così detti “cattivi”, che forse sarà solo una crescita letteraria, ma dato che faccio la scrittrice ha il suo peso anch’esso. In breve: c’è un bambino che si perde in un bosco e quando incontra un lupo lo prega di non mangiarlo. Il lupo gli risponde serafico che per lui questo è naturale come lo è per il bambino mangiare del pollo. Quando tutto sembra perduto il bimbo si sveglia e scopre di avere sognato tutto. Da quel giorno in poi, decide di non mangiare più la carne del pollo.
Ok, il finale non mi ha mai convinto del tutto, e non è certo un inno al vegetarianesimo che andavo cercando. Ma la semplicità con cui il lupo esprime la propria posizione e il proprio diritto di superiorità, mi ha colpito profondamente, e tutte le volte che “parlavo” con un vampiro nei miei giochi immaginari, questa favoletta veniva immancabilmente citata. Nel libro poi ce ne sono altre 364 da leggere, sono sempre le solite, forse, ma per chi non si è saturato di favole leggendone a iosa come ho fatto io a dieci anni (poi per fortuna ho scoperto il fantasy, appunto) può essere un libro piacevole e non troppo impegnato.

Gli Imperi Azzurri

Guardate la copertina di questo libro. Io l’ho nella versione di Urania Fantasy, e l’immagine che campeggia sulla copertina del libro è un grande albero con le foglie dorate ed i rami bianchi, con una scalinata sorretta da un arco che porta verso l’immensa pianta, ed un portone dorato scavato proprio al centro del tronco. Altre costruzioni in muratura fanno da contorno a questo edificio da sogno, e c’è anche un cavallo alato sollevato in volo. Di solito non dedico particolare attenzione alle copertine, oltre tutto è raro all’interno del fantasy che ci sia una reale corrispondenza tra immagine e testo, o almeno è così nelle traduzioni italiane, non ho fatto uno studio accurato per quello che accade con gli originali all’estero. In questo caso però faccio un’eccezione e per un motivo ben preciso: si tratta dell’impatto emotivo che una simile immagine ha avuto sulla sottoscritta. Ero una bambina quando l’ho preso, facile farsi il conto perché quei volumi di Urania Fantasy uscivano quando io andavo alle medie, e ricordo il dispiacere provato quando la produzione si è interrotta. La copertina mi ha trasmesso un’immagine solare, o crepuscolare, forse, ma quando ho iniziato a leggere sono rimasta traumatizzata, al punto che l’ho interrotto dopo poco tempo. Non sapevo che il sottotitolo in inglese era “Libro dei Dannati”, e questo la dice lunga. Ho ripreso il volume in mano qualche tempo dopo, ma ho letto soltanto una delle storie, è diviso in racconti, in un misto di fascino e di repulsione. E’ il racconto di una ragazza che scappa da casa pensando di trovare aiuto nel fratello pittore, ma lui la allontana temendo per la propria reputazione, e la giovane allora finirà a seguire i consigli di un personaggio ambiguo che potrebbe essere niente meno che il diavolo, sino a che la storia non diventa delirante (nel senso buono, visionario del termine) e si scopre che la redenzione può avere volti terribili come il peccato…

Prima o poi devo finire di leggerlo, Tanith Lee è un’autrice con cui ho un rapporto controverso, ma senza dubbio sa fare il suo mestiere.

Il Mago

Per chi avesse letto libri come “I reietti dell’altro pianeta” o “La mano sinistra delle tenebre”, il Mago di Ursula Le Guin rappresenta senza dubbio un piacevole cambiamento. Io non ricordo bene in che ordine ho affrontato la lettura, ma è pur vero che da bambina era un mostro, ed è possibilisissimo che io abbia affrontato prima uno dei libri “seri” e dopo questo che è ormai un classico per bambini. O forse ho semplicemente collegato in ritardo che l’autrice era la stessa, e questo ha dato un sapore differente ad un volumetto che già amavo da tempo. In tutta onestà non ricordo. Il mago è la storia di Ged, soprannominato Sparviere, che da ragazzo di un piccolo villaggio fa la sua ascesa nel mondo della stregoneria, ricordo in particolare le descrizioni della scuola, con la torre dei nomi, in cui si imparano i veri nomi delle cose, perché sapere il nome di consente di avere potere su di esso. L’eccessivo amore per il sapere di Ged però lo mette di fronte a se stesso, perché il ragazzo evoca una creatura oscura che sarà come uno squarcio nella sua esistenza, un’ombra da cui fuggire sino a quando non si deciderà di voltarsi e darle la caccia… La saga ha avuto un notevole successo, ma preferisco di gran lunga il primo a tutti gli altri. Nelle Tombe, il secondo volume Ged incontra una giovane destinata ad essere la sacerdotessa di una dea crudela, ma l’atmosfera si è fatta cupa, quasi claustrofobica, e ha perso quella leggerezza incantata del primo volume. Dato che si tratta di sensazioni del tutto soggettive, prendetele per quello che sono. Il mago comunque si può leggere come volume a se stante, ed è una splendida favola per bambini anche diventati adulti.

Il gioco di Ender

Il gioco di Ender. Ender è vuol dire in inglese il terminatore, colui che finisce, ed è il soprannome con cui Valentine chiama il fratello minore, in maniera quasi scherzosa. Sono tre i bambini prodigio protagonisti di questa storia come nelle favole il più grande è troppo aggressivo, la sorella di mezzo è troppo placida, e per questo, nonostante lo stato di guerra proibisca di avere più di due figli, nasce Andrew, nella speranza di trovare il giusto mezzo. Ender viene mandato in una scuola per giovani strateghi, per combattere la minaccia degli alieni che incombe sulla terra. In realtà la guerra non è in corso, la prima avanguardia è stata distrutta, ma tutti sanno che ne arriverà una seconda, e allora sarà difficile per la razza umana sopravvivere. Il libro è molto avvincente nel raccontare i trucchi e i percorsi di insegnamento fatti da questi bambini che si esercitano nella sala antigravità, simulando così quello che sarà il combattimento delle astronavi. Il libro è molto cinico nel modo in cui viene trattato il protagonista, vicino ai suoi compagni ma in qualche modo sempre isolato da loro, per essere un capo, non un semplice soldato. Inizia il capo della scuola lodandolo di fronte a tutti il primo giorno, facendone così un capro espiatorio, e poi in qualche modo Ender sarà sempre il più giovane ad ogni traguardo che raggiunge. Il ragazzo si perde dietro a un videogioco bizzarro con un enigma che nessuno sa risolvere, quello di un gigante che avvelena il protagonista, e lo supera alla fine uccidendo l’avversario anche se quella soluzione non sembrava contemplata dal gioco… molto pittoresche le descrizioni fantastiche di questo mondo fantastico…

Intanto sulla terra Peter e Valentine, giovani ragazzi geniali, iniziano a scrivere articoli su internet per inserirsi nel mondo della politica. Demostene e Locke sono le loro maschere, e Valentine è sconvolta quando scopre che il padre apprezza le teorie guerrafondaie dal profilo mediocre che lei stessa ha scritto. Peter incanala la usa aggressività nell’ascesa al potere ed il suo legame con la sorella è bizzarro e contorto, ma alla fine sarà Ender a combattere la grande battaglia finale…

Una nota: nonostante questo libro sia il primo di una saga, si legge agevolmente da solo. Il secondo volume ricordo di averlo apprezzato, mentre non mi piaceva molto il terzo. So di un quarto e mi affascinava che tra i protagonisti ci fosse la proiezione mentale di Peter, ma non ho trovato una buona critica on line.

 

Il Terrore dalla Sesta Luna

E’ uno dei primi libri di Heinlein che ho letto. In realtà non avevo nemmeno identificato bene l’autore, perché si trovava all’interno di un’antologia, Universo a Sette Incognite. Ma la storia mi è sempre piaciuta. A raccontarla potrebbe sembrare abbastanza scontata. Ci sono degli alieni che si impossessano dei terrestri attaccandosi alla loro schiena e dominandoli mentalmente. Bisogna trovare un modo di liberarsi dei parassiti senza uccidere chi li ospita, oppure condannare metà della popolazione terrestre, ormai caduta in mano al nemico.
Ovviamente quello che brilla della storia è lo stile. Il modo in cui viene trattato il tema, al limite del paradosso… dato che le contromisure contro l’invasione comprendono il nudismo, e c’è un dialogo su come questo cambierà per sempre la morale e la consuetudine, dal momento che non sarà mai possibile sapere di avere fatto fuori tutti gli alieni. Lo spirito è ironico e tagliente, e sono rimasta davvero di stucco quando ho scoperto che gli effetti della droga che accelera il tempo, che fa muovere a scatti ed aumenta le prestazioni cerebrali, alla fine non sono davvero inventati in tutto e per tutto, ma ricalcano quelli della cocaina. (non per esperienza personale, eh, solo perché l’ho letto da qualche parte). Interessante è anche il confronto con il film, che è caratterizzato da un bravo Donald Sutherland, ma perde molto della verve chiassosa dell’originale e diventa malinconico e sbiadito. Strano a dirsi ma la classe non si addice ad Heinlein, perché è proprio nelle lustrine baluginanti del contorno che stanno le idee più geniali.

La Guerra dei Gemelli

Anche questo volume, come il precedente, lo trovo particolarmente ben riuscito. Raistlin, Caramon e Crysania hanno fatto un salto in avanti nel tempo. Di circa cento anni, finendo così nel periodo più buio dopo quello che viene chiamato “il Cataclisma”. La scelta di Raistlin non è immotivata. Vuole trovarsi in un’epoca in cui non ci siano altri chierici a parte Crysania. Dato che ha bisogno del suo aiuto per aprire le porte dell’Abisso… serve un mago nero ed un chierico bianco per riuscire nell’operazione… sembra che la cosa funzioni meglio se il chierico in questione è l’unico chierico sulla faccia della terra. Ancora una volta mi sembra una forzatura dovuta a motivi di trama, e ancora una volta dirò “pazienza”, perché comunque la storia nel complesso è davvero bella.

Anche la scelta di recarsi proprio nel periodo in cui Fistandantilus era ricomparso dopo aver lasciato il tempio di Istar, è di dubbia intelligenza, dal momento che Fistandantilus dopo quel salto nel tempo era… morto. E Raistlin non dovrebbe essere un personaggio intelligentissimo? Non poteva andarsene in un periodo più tranquillo e progettare con calma un momento non funesto per i suoi piani? Lui sostiene che doveva approfittare del Cataclisma per il suo viaggio nel tempo… era necessario che Takhsis fosse distratta, altrimenti gli avrebbe fatto la bua. Quindi se andava in un momento tranquillo poi rischiava di non potersi schiodare più da lì. Ma… pazienza.

La parte davvero esaltante di questo libro è la formazione dell’esercito. I tre iniziano il viaggio da soli, ma presto si scontrano con dei briganti, e una volta sconfitto il loro capo, Caramon si trova all’improvviso con degli uomini che vogliono seguirlo. Gli uomini guardano con sospetto il mago nero e la strega bianca, ma sono anche affascinati dal carisma del guerriero. Raistlin sente un brivido freddo quando Caramon usa il nome di Fistandantilus, ma è pur vero che la soggezione che getta sui briganti fa il loro gioco. Il passato inizia a ripetersi, anche Fistandantilus ha radunato un esercito, e l’ha fatto per raggiungere le terre dei nani, dove si trova il portale.

I personaggi guadagnano spessore, perché ognuno di essi deve confrontarsi con prove diverse. Caramon che è sempre stato un guerriero al seguito di qualcuno, adesso è un capo, e come tale deve comportarsi. Particolarmente toccante la scena in cui si conquista la simpatia del capo dei nani delle colline e di quello dei barbari delle pianure costringendoli a collaborare in una prova di forza. Si affida al ricordo dei vecchi amici, Flint Fireforge, che è nipote per altro di quel nano, e Riverwind, il barbaro, sperando di trovarli riflessi in quei nuovi alleati.

Crysania, che è sempre stata vezzeggiata e ammirata, prima dai suoi familiari, poi dagli adepti del tempio, adesso è vista da tutti come una reietta. Il suo legame con Raistlin si fa ancora più contorto e perverso.

Raist invece si lascia assorbire ancora di più dalla sua sete di potere, ma senza che questo non lotti con l’umanità che ancora rimane nel personaggio…

E non aggiungo altro, alla fine è un libro che vale la pena leggere.

Il destino dei Gemelli – II

Seconda Parte

Qui poi si potrebbe aprire una lunga parentesi sull’illogicità dei viaggi nel tempo su Krynn. Innanzitutto, mi sta bene che il tempo non si possa modificare, ma perché delle razze dovrebbero fare eccezione a questa legge? E peggio ancora… Raistlin è stato maledetto dai suoi maestri con degli occhi a clessidra che gli fanno vedere il tempo che scorre in putrefazione togliendogli ogni bellezza dal mondo… e noi scopriamo che tornando indietro nel tempo invece ha gli occhi normali. E poi gli torneranno quanto sarà di nuovo nel presente. Perché nel passato la maledizione che l’ha colpito non era stata ancora lanciata. Non ha senso, vero? La maledizione che colpisce una singola persona non è lanciata su di lei, ma su tutto il mondo che la circonda così che può sfuggirle semplicemente tornando indietro nel tempo? Io questo lo trovo quanto meno dispendioso. Ma la verità era che serviva così per fini di trama, e alla fine si tratta di una storia che si fa apprezzare per altri motivi.

Nel passato c’è un’atmosfera da Ultimi Giorni di Pompei. Gladiatori, un tempio fastoso che non sa di essere sull’orlo della rovina… E Fistandantilus, di cui non ho ancora parlato. Fistandantilus è il mago più potente che sia mai esistito, anche se è morto, guarda caso, cercando di sconfiggere Thaksis. A voi non suona un campanello d’allarme? Comunque sia Raistlin ha un conto in sospeso con quest’uomo, perché il suo spirito gli ha fatto da guida bel presente, ma cerca al tempo stesso di impossessarsi del suo corpo e della sua anima. Così l’unico modo che ha il giovane per evitare questa sorte, è di tornare nel passato ed affrontare il vecchio Fistandantilus proprio quando lui non se lo aspetta. Peccato che così correrà il rischio di ricalcarne le orme, sino alla sua stessa distruzione…

Comunque sia, al di là delle critiche, questo è un libro che mi è piaciuto molto. Non è la solita storia del gruppo di avventurieri contro le forze del male, è persino difficile capire che cosa sia veramente il male… non a caso i sacerdoti di Paladine, ossia del Dio del Bene per eccellenza, sono quelli che con il loro strapotere si sono guadagnati l’ira di tutti i celesti, e proprio nel momento in cui sembrava che il male fosse stato scacciato dal mondo, precipiteranno Krynn sul cataclisma. Ovvero sia una montagna di fuoco gettata sulla città di Istar, seguita da pestilenze, carestie e tutto ciò che di bello il carnet delle vendette divine può offrire.

E poi Raistlin, ed il suo amore per il potere.

Crysania che è attirata dal mago come una falena dalla fiamma.

Insomma ci sono tutti gli ingredienti per una storia diversa. Certo ci sono dei momenti bislacchi, come l’introduzione di un nano di fosso capace di contare sino a tre (di solito arrivano a due) nella taverna di Tika (la moglie di Caramon) però nel complesso il livello della storia è sicuramente più altro rispetto a quello della prima trilogia.

Il destino dei gemelli – I

Sono passati alcuni anni dalla fine della guerra. Gli eserciti del male ancora non sono stati del tutto sconfitti, ma hanno subito un duro colpo dopo che Takhsis è stata ricacciata nell’abisso. Tutto ha inizio con una giovane chierica, dai lunghi capelli neri, ascetica, superba, ha dei sogni del suo Dio, Paladine, che la mettono in guardia sul maestro della torre di Palanthas, ovvero sia Raistlin Majere. Lui accetta di incontrarla, e nel giro di due o tre giorni conquista completamente la malcapitata. Lei passa dall’idea di sconfiggerlo a quella di salvarlo, a quella di aiutarlo, perché in fondo Takhsis è il male, quindi che male c’è se Raistlin vuole prenderne il posto? Assolutamente nulla, a parte che il suo piano prevede incidentalmente che il mondo dei mortali sia devastato dalle lotte con le divinità. Sinceramente al posto di Crysania anche io avrei fatto del mio meglio per aiutare Raistlin, ma solo dopo averlo preso amorevolmente a calci per un’idea stupida come quella di sguinzagliare una dea inferocita sulla terra, per combatterla dove è più debole, e non tanto perché l’idea sia stupida in sé, ma perché avendo letto i libri so che andrà a finire malissimo. Ossia in uno spreco di personaggio interessante e questa è una cosa che non ho mai sopportato. Per fortuna non sono mai finita realmente su Krynn e quindi non ho mai involontariamente aiutato le forze del male.

Nel Destino la maggior parte dei personaggi delle Cronache è sparito, ed il libro si concentra su poche figure, approfondendone però lo spessore. Tanis compare appena di sfuggita, molto interessante invece il personaggio di Dalamar, un elfo votato al male che ha un rapporto molto controverso con il suo maestro, dal momento che da un lato lo serve fedelmente, dall’altro è pur sempre al suo fianco per spiarlo per contro degli altri maghi. Poi c’è Caramon, che ha perso il suo equilibrio nel momento in cui ha perso la sua funzione accanto al fratello. Mentre Raistlin procede la sua strada nelle tenebre, l’uomo che si era sempre preso cura di lui è sbandato, e nemmeno l’affetto della moglie riesce a salvarlo… all’inizio del libro è praticamente un ubriacone, e se Tasslehoff non l’avesse coinvolto nella ricerca di Crysania, triste sarebbe stato il suo destino. Invece tutti e tre verranno mandati nel passato, così come vogliono i piani di Raistlin, con un piccolo, terrificante dettaglio… I kender, come gli gnomi e i draconici, non essendo stati creati tra le razze primigenie, non possono viaggiare nel tempo, perché rischierebbero di scombussolarne l’ordine.

Fine Prima Parte

I draghi dell’alba di primavera

Innanzi tutto specifichiamo che ho dovuto attendere quasi un anno per leggere questo libro, perché non lo trovato. E in più dovevo guardarmi i tre libri della trilogia successiva (già acquistati) senza poterli divorare perché mancava un pezzo. C’era Raistlin, sulla copertina di due di quei tre volumi, e in uno si stringeva ad una donna (che ho immediatamente detestato) è stata una sofferenza dover aspettare. E’ possibile che questo sia uno dei motivi per cui questo volume, tra i sei della doppia trilogia, è forse quello che apprezzo di meno. Anche l’assenza di Raist, che compare solo all’inizio e alla fine, e abbandona la scena proprio nel momento in cui deve compiere la scelta più tenebrosa ed abbandonare la via dell’equilibrio tra bene e male, sicuramente ha avuto un suo peso.

Ma c’è anche il fatto che l’atmosfera diventa innegabilmente più tetra, dei due gruppi in cui si erano divisi gli eroi, uno scompare in fondo al malestrom, e le vittorie degli altri vengono offuscate nel momento in cui Laurana viene rapita, facendo presa proprio sul suo controverso sentimento per Tanis.

Di sicuro una menzione di lode va a Kitiara e a Lord Soth, tra i personaggi più interessanti della serie. Lei è bella, ambiziosa e spregiudicata. Lui è uno spettro tormentato dai rimorsi, perché la scelta di non fidarsi della moglie l’ha portato a voltare le spalle ad una missione che avrebbe permesso di evitare il cataclisma, secoli addietro. Lui ha scelto di servirla, e le chiede Laurana, di sangue elfico come la sposa perduta…

Una delle cose migliori della fine di questo libro, è che non tutti i malvagi vengono puniti. Così Kit approfitta della confusione nello schieramento nemico per assumere un ruolo di predominio, e la storia finisce con Raist, per altro fratellastro della spadaccina, che dopo avere pagato i suoi debiti con gli antichi compagni, si reca alla torre di Palanthas, per prenderne possesso.

Forse per certi versi sarebbe stato più giusto se la storia si fosse conclusa qui. Ma anche gli altri volumi sono affascinanti, e quindi hanno comunque un posto d’onore nella mia libreria.

Draghi della Notte d’Inverno

Continuo a recensire i volumi delle Cronache di Dragonlance. Su questo in particolare c’è un episodio che a tratti racconto, perché l’avevo portato a scuola, ero in seconda media, eavevo portato il libro a scuola per leggerlo a ricreazione, o forse a ora di religione, che io non seguivo, non ricordo. Fatto sta che mi sono accorta che il libro aveva le stesse dimensioni di quello di narrativa, ed erano tre settimane che noi rileggevamo per casa sempre lo stesso capitolo. Ho provato a sostituire i due volumi, ma la professoressa se ne è accorta! Come abbia fatto non ne sono sicura. Forse ero l’unica interessata alla lettura…

Comunque sia in questo libro, l’inverno è significativo, perché la storia si fa più cupa. Mentre il volume precedente si conclude con la nota positiva del matrimonio tra Goldmoon e Riverwind, e la liberazione di un gruppo di prigionieri dalle grinfie di un pericoloso chierico di Thaksis, adesso gli eroi si trovano di fronte a difficoltà sempre maggiori. Hanno recuperato presso i nani il martello di Kharas, in un’avventura che non compare nei libri della trilogia, e quell’arma potrebbe servire a forgiare le Dragonlance, ma i nani non lo offrono alla causa. Poi si recano a Tarsis in cerca di aiuto, e la città viene attaccata dai draghi, e sono costretti a dividersi.

La parte più visionaria di questo libro resta a parer mio l’avventura nella foresta degli elfi. Un tempo luogo incantevole, il bosco ha mutato il suo volto, quando il vecchio re ha cercato di usare uno dei globi del drago per combattere i nemici che minacciavano la sua terra. Quando Alahana, la figlia, bella e arrogante, chiede l’aiuto degli eroi, questi si trovano costretti ad affrontare visioni delle loro paure e del futuro.

Tanis si trova a metà tra Kitiara, la spadaccina ambiziosa che adesso serve la Dea dei Draghi, e Laurana, la cugina che è stato il suo primo amore. Raistlin compare per la prima volta con le vesti nere del male, invece che con quelle rosse della neutralità, e la cosa a quei tempi mi spaventò molto.

Il potere, il bene e il male sono tutti concetti molto complicati, e l’evoluzione della figura diRaistlin Majere offre sicuramente molti spunti al riguardo. Ma adesso è ancora tutto in embrione, la compagnia ancora non si è dissolta…

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